Li dentro c'era un mondo di foglietti e la sbrilluccicanza dei piccoli tesori della strada, quella che sfugge ai disattenti.
Davvero pochi sanno come brilla un bastoncino o il piccolo sole di una pietra.
Ma lui nulla sfuggiva. Al posto degli occhi aveva due luccioline e un radar di poesia era il suo orecchio.
Parlava coi bambini e con le bestie, col vento e col fantasma della pioggia.
Un cappello aveva, enorme e immaginario, e usava toglierlo solo al passaggio d'un suo pari, che solo lui vedeva.
In certi casi si esibiva anche nel sovrappiù di un inchino non privo tra l'altro di una certa grazia.
"Chi son codesti esseri che vedi?" gli chiesi un giorno. "Divinità del regno da cui vengo e di cui son re."
"E' un posto che ho nel cuore e inizia e finisce con me stesso.."
Bella poesia
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